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CORSE PODISTICHE E DINTORNI – DAL “VERMEIL”  AL PACCO GARA

... Fu così che le case dei podisti furono inondate dapprima da “mini trofei” rappresentanti un mini atleta su mini base nell’atto dello sforzo estremo del gesto atletico (l’espressione del viso dell’atleta in simil plastica appariva persino inquietante), poi venne la volta dei “mini pesos messicani” ovvero micro monete (false) in simil oro (500 per mille) leggere al punto che se non avessero avuto una sostanziale cornice in legno si sarebbero librate in aria.

Rinaldo Bruno Franco tornò nella sua casa di Luserna con una “cucina economica” sul bagagliaio dell’auto quando nel 1975 vinse la prima edizione della “Cursa ‘dla Scala Santa” a Cavour. La precisazione “economica” è d’obbligo nei tempi in cui l’ambiente casalingo era ancora adatto alla autoproduzione alimentare. La altre varianti erano la “cucina americana”, la “cucina a gas” o il più diffuso e polivalente “Potagè” o “Putagè” utile a far cucina, umidificare e riscaldare l’ambiente.

La premiazione della gara cavourese, con il premio citato, aggiungeva un di più alle premiazioni tradizionali dell’epoca che consistevano in medaglie d’oro (più contorno) per i migliori, medaglie d’argento (più contorno) per gli outsider e le medaglie ricordo definite in “vermeil” ma di fatto coniate con materiale di bassa lega.

Negli anni, fino all’avvento delle gare per Amatori un tempo distinte da quelle degli Atleti, le premiazioni dei migliori mantennero lo stesso standard qualitativo ma si avviò un sostanziale processo evolutivo che ha riguardato la massa dei partecipanti: con l’obiettivo di incrementare il loro numero furono abbandonate le “povere” medaglie ricordo in (falso) vermeil per distribuire a piene mani oggettistica di varia foggia, gusto e colore.

Fu così che le case dei podisti furono inondate dapprima da “mini trofei” rappresentanti un mini atleta su mini base nell’atto dello sforzo estremo del gesto atletico (l’espressione del viso dell’atleta in simil plastica appariva persino inquietante), poi venne la volta dei “mini pesos messicani” ovvero micro monete (false) in simil oro (500 per mille) leggere al punto che se non avessero avuto una sostanziale cornice in legno si sarebbero librate in aria.

Le “coppette”, definite anche “cuca ou” per le dimensioni atte ad ospitare un uovo, furono l’ultima frontiera prima dell’avvento del “pacco gara” e con esso il superamento della distinzione meritocratica tra i partecipanti determinando una differenza consistente solo più sulla quantità e non la qualità del premio assegnato.

Il “pacco gara” merita una storia a sé. Per anni il premio di partecipazione è consistito nel pacco di pasta con differenziazioni quantitative da gara a gara. Non sempre di ottima qualità giacché l’obiettivo era soprattutto quello di fare volume. In quegli anni gli armadi delle case degli atleti traboccavano di pacchi di pasta variamente denominata. La mente dei più perspicaci non poteva non andare alla scena del film di Fantozzi quando la moglie Pina si innamorò del panettiere… E cosa dire quando i partecipanti alla corsa erano addirittura due o più per famiglia?

La concorrenza degli organizzatori ha portato, poi, all’incremento dei prodotti alimentari (?) che componevano il premio divenuto, nel frattempo, di “partecipazione” e non più “ricordo”. D’altra parte cosa potevano ricordare, oltre alla citata pasta, la scatola di pelati, il prezioso nettare di Aloe (vera), i dolciumi di dozzinale produzione ecc…? Talvolta, giunti a casa, il prezioso pacco ritirato in compenso della sudata, subiva una ispezione che ne selezionava il contenuto per destinarlo parte al frigorifero, parte alla dispensa e parte all’oblio eterno.

L’evoluzione della specie ha condotto, poi, verso le magliette ricordo ed altri generi di abbigliamento. E così il fantozziano pane e stato sostituito da centinaia di magliette, buff, fascette para sudore, gilet, K Way, cappellini e quant’altro la fantasia, oramai in fase di esaurimento, è riuscita a proporre.

Da tutto questo esula il capo “Finisher” in quanto vero oggetto ricordo a celebrare la sfidante avventura (ovvio non una “non competitiva”) che il partecipante, deposte le armi dell’agonismo puro, ha portato a termine con successo ma questo è un altro mondo.

D’altra parte è divenuto difficile per gli Organizzatori coniugare i costi organizzativi sempre maggiori con la soddisfazione dei partecipanti.

Al momento, esaurita la fantasia, pare sia (finalmente) il momento della celebrazione del “terzo tempo” che, prova a sostituire l’agognato pacco gara con consistenti dosi di socialità.

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